Senza dubbio la crisi economica degli ultimi quattro anni condiziona anche la vita dei piccoli paesi.
A volte si ha come l'impressione di non avere via d'uscita alla situazione attuale, che vede l'economia delle comunità in preda ad una crisi senza precedenti. C'è una sensazione di paralisi e di grande sfiducia verso le forze politiche ritenute incapaci di proporre idee nuove per superare questa congiuntura del tutto sfavorevole, qualcosa che non si ricordava da anni. Paesi con una tradizione rurale come il mio sono in pratica in una trappola:
Sono condizionati da un'agricoltura che da redditi, secono i contadini, inadeguati ai costi o gli investimenti in macchinari che loro devono sostenere. I giovani che reclamano un lavoro che non riescono a trovare e quando lo hanno trovato, non vivono in paese, lo abbandonano.
La vita dei piccoli paesi sembra avere perso di colore. Il paese invecchia e le case si svuotano: la vita paesana diventa statica, prevedibile, senza nerbo. Insomma la gente si barrica in casa a guardare la televisione. le strade dei piccoli paesi non sono mai state così vuote come negli ultimi anni.
Forse è proprio in questo momento che la gente deve discutere e cercare un denominatore comune. Anche solamente delle proposte piuttosto facili da realizzare, che permettono però di mettersi assieme di essere finalmente una comunità, dopo anni nei quali la gente tendeva all'isolamento. E' il momento di cercare di vedere chiaro proprio nel futuro. Tutto all'opposto di quello che si è fatto, con varie scusanti, negli ultimi anni: isolarsi.
Incontrandosi bisogna domandarsi con convinzione, quello che si vuole per il futuro e studiare come farlo, valutare la fattibilità. Dialogare e progettare e quello che molti sarebbero disposti a fare. E' ovvio che è una necessità: bisogna tirare fuori il coraggio e mettersi all'opera.
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